La storia dei Colli di Rimini nel mondo del vino ha una tradizione antichissima: le prime testimonianze storiche della presenza dei vitigni in queste zone risalgono addirittura al VII secolo avanti Cristo. Furono infatti le popolazioni etrusche a introdurre determinate usanze nella cura delle piante, come la potatura e il sostegno vivo: la cultura del vino è fin da allora parte integrante dello stile di vita romagnolo.

I vini prodotti in questo territorio, contrassegnati dal 1996 con il marchio DOC (denominazione di origine controllata), hanno delle caratteristiche del tutto in linea con quel calore unico, che solo la popolazione della Romagna sa emanare: ciò è possibile grazie alla piovosità della zona, mai eccessiva, e a una particolare composizione dei terreni. Ma quali sono i vitigni principali utilizzati per la produzione di questi vini? Scopriamolo assieme.

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Biancame

Questo vitigno è oggi particolarmente diffuso nelle Marche ed è conosciuto con diversi altri nomi, come ad esempio Procanico, Bianchello oppure Trebbiano Toscano. In tempi più antichi, però, il Biancame era uno dei principali vitigni dell’entroterra romagnolo e solo negli ultimi anni ha ritrovato la sua giusta collocazione: questa rivalutazione è iniziata intorno alla fine degli anni ‘60, periodo nel quale è nata la denominazione di Bianchello del Metauro DOC. Da allora questo vitigno dal profumo floreale e fruttato non smette di allietare i nostri sensi!

I vini prodotti dal Biancame sono dei bianchi dal colore giallo paglierino e con eleganti riflessi verdognoli. I sapori, invece, risultano delicati ma allo stesso tempo decisamente fruttati. Per rientrare nella denominazione d’origine controllata dei Colli di Rimini, almeno l’85% dell’uvaggio deve provenire da questo vitigno (il restante, in varie percentuali, è generalmente composto da Chardonnay, Pinot Bianco e Riesling Italico). Sono vini ottimi da accompagnare al pesce, in particolar modo ai crostacei.

Cabernet Sauvignon

Conosciuto anche come “taglio bordolese” per via della sua provenienza geografica, il Cabernet Sauvignon è senza ombra di dubbio uno dei vitigni più diffusi al mondo. Le sue origini sarebbero in realtà tutt’altre, considerato che il nome Cabernet deriva dalla regione dell’Epiro (Carbonet, in guascone); tuttavia la sua patria italiana è la Toscana, seguita dalla zona friulana del Collio e l’Alto Adige. Il vitigno ha avuto modo poi di svilupparsi e di guadagnarsi una sua particolarità anche nel territorio romagnolo, grazie alle proprietà uniche di questa terra.

I vini che ci regala sono di grande qualità, grazie soprattutto allo spessore della sua buccia e alle sostanze in essa contenute; uno dei segreti del Cabernet Sauvignon, gelosamente custodito dalle cantine, risiede proprio nella macerazione e nel trattamento delle bucce. In base a queste lavorazioni, il vino derivato potrà cambiare radicalmente: potrà essere leggero e di pronta beva, così come ad elevata concentrazione aromatica. Il suo sapore asciutto ed armonico si abbina perfettamente alle carni, specialmente alla selvaggina.

Rebola

Il vitigno Pignoletto popola da secoli i colli dell’Emilia Romagna e fin dal XIV secolo vi sono documenti storici che ne testimoniano l’esistenza. Nel riminese, però, esso assume il nome di Rebola e con la sua uva le cantine locali producono un vino allo stesso tempo versatile e complesso. Le sue caratteristiche sono infatti numerose e mutevoli, sotto ogni aspetto: il sapore fruttato ed armonico si sposa alla perfezione con le sue varie sfumature, dalle varianti dolci passando per il secco e il passito.

Anche il suo colore cambia in base alla tipologia: la variante secca, ad esempio, è caratterizzata da un delicato giallo paglierino; il passito, invece, assume una colorazione calda ed ambrata. I vini derivati da questo vitigno, grazie alla loro freschezza, sono perfetti per un romantico aperitivo sui colli romagnoli. Ma anche per una buona cena a base di pesce. La sua versatilità, comunque, lo rende perfetto per accompagnare anche i dolci (come ad esempio le torte di frutta) o la pasticceria secca: provare per credere.

Sangiovese

Se c’è un vino che più di ogni altri richiama alla memoria di tutti la Romagna, quello è proprio il Sangiovese. Da molti anni la paternità del vitigno in questione viene reclamata dalla vicina Toscana; tuttavia, la fama dei vini che ne derivano è dovuta in gran parte alle argillose colline del riminese, che conferiscono ai suoi prodotti delle caratteristiche inconfondibili. Il Sangiovese è un vitigno particolarmente versatile: da queste uve possono nascere dei novelli così come degli ottimi vini giovani, nonché pregevoli rossi invecchiati.

Pur non essendo il più noto, inoltre, il Sangiovese gode di un primato indiscusso: si tratta infatti del vitigno più diffuso nel territorio italiano, tanto da occupare addirittura l’11% della superficie viticola nazionale. Il suo eclettismo gli permette di fare da base a diversi altri uvaggi tipici del territorio, ma una cosa è certa: chiunque ami la Romagna non può che considerare il Sangiovese come il vino perfetto per accompagnare la cucina locale, magari con un bel piatto di tagliatelle con il ragù ed una costoletta di castrato alla piastra.

Trebbiano Romagnolo

Dopo il Sangiovese c’è sono un altro vitigno che – fin dal nome – si può fregiare fieramente delle sue origini romagnole: il Trebbiano, da secoli una vera e propria eccellenza locale. Non a caso si tratta della bacca bianca più diffusa in Emilia Romagna, un vitigno particolarmente produttivo e molto resistente a minacce naturali esterne (come ad esempio i parassiti). Il Trebbiano Romagnolo si distingue per la produzione di vini base, non solo per gli spumanti ma anche per distillare liquori.

La sua fama nel territorio, però, è dovuta ai vini bianchi – sia fermi che frizzanti – che ne derivano: siano essi dolci o secchi, si possono riconoscere dal loro tipico giallo paglierino e da un grado alcolico sempre piuttosto sostenuto. Vini dissetanti, perfetti per un aperitivo in compagnia (soprattutto nelle loro versioni con le bollicine) e ideali per alcune prelibatezze locali: la piadina, ad esempio, ma anche per il pesce e le verdure. Non si può dire di aver assaporato la Romagna senza aver bevuto un calice di Trebbiano in compagnia!